Italo Fiorin

La Scuola di Alti Studi “Educare all’Incontro e alla Solidarietà” (EIS) della LUMSA di Roma

 

Abstract

L’articolo presenta le ragioni che hanno portato l’università LUMSA di Roma ad istituire la Scuola di Alta Formazione “Educare all’Incontro e alla Solidarietà” (EIS): da un lato, la positiva esperienza di Service Learning, iniziata con un piccolo gruppo di studenti qualche anno fa e ora molto più diffusa; dall’altro, l’attenzione alle sollecitazioni della Congregazione per l’Educazione Cattolica, con la quale l’università ha un rapporto molto stretto, fin dalle sue origini.
Il Service Learning è un approccio pedagogico che unisce il piano della teoria e quello della pratica, lo studio e la messa alla prova di quanto si è appreso in contesti reali, come possibile risposta a problemi presenti nella comunità. Non si tratta né di volontariato né di apprendistato professionale. Del volontariato condivide i valori della gratuità e del servizio; con l’apprendistato ha in comune il contesto reale nel quale le competenze si sviluppano. La pedagogia del Service Learning è molto diffusa in America Latina e nel Nord America, ma oggi sta conoscendo una vasta espansione mondiale. Per le università cattoliche tale modello riveste un particolare interesse, perché offre agli studenti (e a tutta la comunità accademica) l’occasione di dare coerenza all’ispirazione ideale, attraverso una testimonianza vissuta di gratuità e solidarietà. Questo è particolarmente importante oggi, in un contesto culturale nel quale sembra prevalere esclusivamente la logica del profitto a tutti i costi e dell’affermazione individuale. Le stesse università cattoliche non sono immuni dal rischio di proporsi soprattutto in chiave di competizione e di sentirsi appagate dalle posizioni di prestigio nel ranking internazionale, trascurando però le ragioni profonde della loro presenza e quindi confinando nel campo dell’irrilevanza l’ispirazione originale.
La Scuola di Alta Formazione EIS vuole impegnarsi nel campo della ricerca e della formazione, tanto in ambito accademico che scolastico, cercando di favorire la riduzione della distanza tra valori proclamati e valori praticati, tra ricerca teorica e vita reale, tra apprendimento e solidarietà.
PAROLES CHIAVE: Pedagogia, Scuola di Alta Formazione “Educare all’Incontro e alla Solidarietà”, Università Cattolica, Educazione, Solidarietà, Volontariato, Apprendimento, Valori

 

ABSTRACT

The article presents the reasons that led the LUMSA university of Rome to establish the School of Higher Formation “Educating to Encounter and Solidarity”. On the one hand, the positive experience of Service Learning, which began with a small group of students a few years ago and now much more widespread; on the other hand, the attention to the requests of the Congregation for Catholic Education, which has a very close relationship with the University, since its origins.
The Service Learning is a pedagogical approach that combines theory and practice, study and put to the test of what has been learned in real contexts, as a possible response to problems in the community. It is neither voluntary nor apprenticeship training.
With volunteering, it shares the values ​​of generosity and service; with apprenticeship, it has in common the real context in which skills are developed.
The pedagogy of the Service Learning is widespread in Latin America and North America, but today is experiencing a vast worldwide expansion. For Catholic universities it represent a model of particular interest because it offers to students (and to the entire academic community) the opportunity to give coherence to the inspiration ideal, through a living witness of generosity and solidarity. This is especially important today, in a cultural context in which seems to prevail only the logic of profit at all costs and the individual affirmation. The same Catholic universities are not immune from the risk of proposing themselves especially in terms of competition and to feel gratified by the positions of prestige in the international ranking, neglecting the underlying reasons for their presence and confining the original inspiration in the field of irrelevance.
The School of Higher Formation “Educating to Encounter and Solidarity” wants to engage in research and training, both academic and school, trying to encourage the reduction of the distance between values ​​proclaimed and practiced values, between theoretical research and real life, between learning and solidarity.

KEY WORDS:  Pedagogy, Service-Learning, School of Higher Formation “Educating to Encounter and Solidarity”, Catholic University, Education, Solidarity, Volunteering, Learning, Valuees

 

 

Le ragioni che hanno portato la LUMSA[1] ad istituire la Scuola di Alti Studi “Educare all’incontro e alla solidarietà”, sono state principalmente due, la prima interna all’ateneo, la seconda esterna.

Il motore interno è legato alla vita didattica di un corso di studi, nel quale si è voluto introdurre una proposta nuova, quella del Service Learning. La spinta esterna è arrivata dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, con la quale sono in atto rapporti molto stretti.

 

Antefatto. Partiamo dagli studenti

Tutto inizia quattro anni fa, con un piccolo gruppo di studentesse di Scienze della formazione primaria. La proposta fatta loro è di utilizzare quanto stanno apprendendo durante il corso di Pedagogia speciale, mettendolo alla prova in un contesto diverso da quello accademico, un contesto nel quale la loro competenza può essere di aiuto. Nasce così una collaborazione con l’Associazione Persone Down di Roma, che ha l’esigenza di avere la collaborazione di volontari e si rende disponibile ad accogliere le studentesse e a collaborare con l’università. Le studentesse si impegnano a seguire con costanza, in attività di sport, di gioco, di tempo libero, bambine e bambini, ma anche persone più grandi, con sindrome di down.

Non si tratterà, però, di fare ‘del volontariato’, ma di compiere un percorso pienamente integrato con il piano di studi universitario; le studentesse dovranno prepararsi con cura, sotto la supervisione di esperti, e sarà chiesto di documentare la loro esperienza passo passo, così da poter riflettere su di essa, individuando anche gli elementi di criticità sui quali intervenire, migliorando così le proprie conoscenze e competenze iniziali. Al termine del percorso – sei mesi- le studentesse presentano attraverso video, power pont, book fotografici, relazioni, quanto hanno sperimentato e quanto hanno appreso. Viene realizzato un convegno, nell’aula più prestigiosa dell’università. Relatrici principali sono le stesse protagoniste del progetto di Service Learning, e vengono invitati non solo gli studenti, ma gli insegnanti delle scuole della città, che partecipano numerosi ed attenti.

Negli anni successivi, dal piccolo gruppo iniziale si è passati ad un coinvolgimento sempre maggiore, non solo degli studenti di scienze della formazione, ma anche di quelli di altri corsi di studio. Al tempo stesso si sono creati contatti con altre realtà, universitarie e scolastiche, e con centri o fondazioni che da tempo hanno promosso e sperimentato forme di solidarietà concreta collegate agli studi accademici, e questo in ambito nazionale e internazionale (della Spagna, dell’Argentina, della Svizzera…). In campo nazionale la LUMSA inizia a diventare un punto di riferimento per altre realtà interessate a sperimentare lo stesso approccio educativo, e docenti dell’università romana vengono chiamati a guidare percorsi di formazione e di sperimentazione in vari contesti italiani.

 

Ridurre la distanza tra lo sviluppo individuale e l’impegno solidale

Quello che hanno sperimentato le studentesse della Lumsa, e che sperimentano studenti di tutti gli ordini di scuola e di tutte le età in varie parti del mondo, è un approccio pedagogico denominato ‘Service Learning’ (ma anche: Aprendizaje y servicio solidario, Active Learning in the community, Demokratie Lernen & Leben , ed altro ancora). Tale approccio è iniziato qualche decina di anni fa negli Stati Uniniti d’America, per poi diffondersi velocemente a partire nell’America Latina e oggi è presente in tutte le aree geografiche del mondo. Come scrive A. Furco <<Oggi il Service Learning è uno degli ambiti emergenti e in crescita nell’istruzione primaria, secondaria e universitaria >> (Furco,2010)[2] . Le ragioni di questo rapido e largo successo son ben documentate da una ormai consistente letteratura scientifica, che dimostra come numerosi e importanti siano i vantaggi che gli studenti ricavano, tanto sul piano dell’apprendimento quanto su quello della crescita personale.

Sul piano dell’appredimento è stato dimostrato che il Service Learning migliora le competenze accademiche perchè ne fa percepire il significato che possono avere per la vita reale (Scheckley e Keeton,1997), rende lo studente protagonista dei propri processi di apprendimento, e non passivo destinatario delle lezioni (Cairn e Kielsmeir, 1991); migliora il sentimento di autoefficacia e di autostima dei giovani, promuovendone uno sviluppo positivo (Eccles e Gootman, 2002), favorisce la preparazione, aumenta le opportunità (Melchior, 2000 ). Altri studi evidenziano forti incrementi nelle abilità per risolvere problemi ma anche nelle abilità accademiche (Billig e Furco, 2002).

Sul piano dello sviluppo personale le ricerche hanno documentato aumento della autostima (Morgan and Streb,2001); aumento della partecipazione (Billig, Roth and Jesse D., 2005) della resilienza, dell’empowerment e dell’ efficacia personale (Covitt, 2002; Furco, 2002); Tapia (2000); aumento nella capacità per il lavoro cooperativo, capacità di superare i pregudizi (Boyle-Baise, 2001); migliore apertura verso nuove prospettive (Melchior, 2000); miglioramento dei comportamenti pro sociali (Scales et al, 2006). In America Latina, attraverso la rete di CLAYSS[3] Tapia (2012) ha raccolto numerose pubblicazioni e progetti di ricerca, che convalidano e rafforzano quanto emerso dalle ricerche citate, portando ad una conclusione importante: non soltanto gli studenti impegnati in progetti di Service Learning crescono sul piano dello sviluppo della loro umanità, avendo sperimentato i valori della solidarietà, dell’inclusione, dell’impegno civico, ma sono anche quelli che apprendono meglio e conseguono risultati accademici migliori rispetto agli studenti che non hanno avuto questo tipo di esperienza.

Pur nella varietà delle esperienze, che riflettono i diversi contesti culturali, ci sono tre elementi che caratterizzano il Service Learning:

– le attività solidali devono riferirsi ad un bisogno presente nella comunità, e quanto viene fatto non viene fatto per, ma con i membri della comunità nella quale si interviene. Non si fa, insomma, dell’assistenzialismo;

– gli studenti hanno un ruolo attivo, da protagonisti, in tutte le fasi del progetto, dalla sua ideazione alla sua valutazione;

– l’azione solidale non è estranea a quanto gli studenti apprendono a scuola, ma è pienamente inserita nel curricolo e consente un apprendimento migliore.

 

In questo modo la solidarietà non è qualcosa che si predica nelle aule, ma non si pratica nella vita, o, al contrario, che riguarda l’esperienza extrascolastica dello studente, ma è irrilevante per il suo apprendimento accademico. L’approccio del Service Learning consente di ridurre una duplice distanza, quella tra l’apprendimento accademico e la vita reale; quella tra i valori proclamati e i valori testimoniati. Il service Learning occupa lo spazio di intersezione tra teoria e pratica, tra ricerca e sperimentazione, tra apprendimento come sviluppo delle competenze individuali e condivisione e azione solidale, perché a crescere e svilupparsi sia la comunità.

 

Rilevanza per le università cattoliche

Da quanto detto si capisce come una università che si ispira ai valori cristiani possa trovare nella proposta del Service Learning un riferimento pedagogico e didattico molto interessante, particolarmente adatto a dare concretezza di vita all’ispirazione ideale.

Anche le università cattoliche non sono immuni dal rischio di una proposta ai giovani che si fa seducente perchè qualitativamente elevata, terra promessa di un successo individuale, che rimane confinato all’interno di una concezione utilitaristica dell’apprendimento. Non diversamente dalle altre università, anche quelle cattoliche possono ritenere che l’obiettivo della qualità dell’insegnamento, oltre che della produttività nella ricerca, sia tutto quanto si chiede loro e le rende attrattive. L’ispirazione cristiana resta così sullo sfondo, distante e, in definitiva, ininfluente.

Si fa università cattolica per situarsi nelle posizioni di eccellenza del ranking internazionale?

Certo, la sfida della qualità non può essere ignorata, ma che cosa vuol dire qualità?

Oggi si confrontano due logiche che della qualità danno una interpretazione molto diversa. La prima possiamo definirla funzionalista. Non è difficile riconoscere, a livello internazionale, la forte spinta esercitata dalle richieste che provengono dal mondo dell’economia, diventata l’unico paradigma di riferimento. Si ha così una concezione mercantile dell’istruzione, come della vita, che chiede alla scuola e all’università soprattutto di essere funzionali alle richieste di un mercato in continua trasformazione. Il criterio dell’utilità prevale su ogni altro criterio. Ma <<Educare è più che istruire>>, come ricorda il documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica “Educare oggi e domani” (2014) che esprime una forte critica agli attuali orientamenti internazionali quando << mettono l’accento sulla ragione strumentale e sulla competitivit[4] >> e hanno <<una concezione puramente funzionale dell’educazione, come se essa dovesse legittimarsi solo al servizio dell’economia di mercato e del lavoro[5]

>>Al modello funzionalista, che subordina tutto alle esigenze del mercato, si può contrapporre un modello diverso, fondato sul paradigma della persona, modello che potremmo definire antropocentrico: <<La prospettiva antropocentrica non è disposta a sostituire la logica pedagogica con la logica economicistica. Non rifiuta la provocazione che deriva alla scuola dal misurarsi con la realtà esterna, non mette in discussione la necessità che un sistema d’istruzione e formazione debba saper abilitare i giovani ai saperi professionali, cosi come oggi sono richiesti. Rifiuta, però, di lasciarsi definire e giudicare esclusivamente in termini di ‘utilità’. Le capacità che vanno ricono­sciute e fatte evolvere in competenze sempre più ricche sono riferite a tutte le dimensioni costitutive della persona. I saperi funzionali sono importanti, ma lo sono anche i saperi relativi alla dimensione corporea, quelli estetici, quelli sociali, quelli etici… E lo sono per tutti gli alunni, nessuno escluso[6].>>

 

E’ evidente dove si posizioni il Service Learning. Dalla parte di un apprendimento che mette al centro la persona e, insieme, la comunità alla quale la persona appartiene; un apprendimento nel quale sono tenute insieme le istanze del miglioramento individuale e della responsabilità sociale.

 

Una passione che si rinnova

Una seconda forte sollecitazione che ha avuto un ruolo decisivo nell’avvio della Scuola di Alta Formazione EIS è scaturita dal processo di ripensamento del senso della scuola e dell’università avviato dalla Congregazione dell’ Educazione cattolica. Recentemente la Congregazione ha diffuso un documento (o Instrumentum Laboris) che, prendendo spunto da due importanti anniversari (50° della Dichiarazione conciliare Gravissimum educationis e 25° della Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae) ha inteso rilanciare l’impegno della Chiesa in campo educativo. Il richiamo ai grandi documenti che hanno dettato le linee di orientamento per l’azione delle scuole e delle università cattoliche non ha uno scopo celebrativo, ma lo sguardo è rivolto al futuro. Si tratta di guardare con coraggio alle sfide che oggi, nella società del XXI secolo, si pongono all’educazione e fanno parlare di emergenza educativa. <<La cultura attuale è attraversata da varie problematiche che provocano una diffusa “emergenza educativa”. Con questa espressione ci si riferisce alle difficoltà di stabilire rapporti educativi che, per essere autentici, devono trasmettere alle giovani generazioni valori e principi vitali, non solo per aiutare le persone singole a crescere e maturare, ma anche per concorrere a costruire il bene comune.

L’educazione cattolica, con le sue numerose istituzioni scolastiche ed universitarie sparse in tutto il mondo, offre un contributo rilevante alle comunità ecclesiali impegnate nella nuova evangelizzazione, e contribuisce ad immettere nelle persone e nella cultura i valori antropologici ed etici che sono necessari per costruire una società solidale e fraterna[7]>>.

A questo compito di revisione critica dell’esperienza, di rinnovamento e di elaborazione di nuove risposte in relazione ai problemi che oggi si pongono, sono chiamati tutti i soggetti che hanno responsabilità educative, le istituzioni accademiche e scolastiche, le Congregazioni che operano in campo educativo, le Conferenze episcopali, le Associazioni, ma anche le singole persone.

Il documento della Congregazione contiene numerosi spunti per una profonda revisione critica dell’offerta formativa che le istituzioni cattoliche mettono in campo e fornisce importanti linee di riorientamento: << Non si tratta in nessun caso di minimizzare le richieste dell’economia o la gravità della disoccupazione, ma di rispettare la persona degli studenti nella loro integralità, sviluppando una molteplicità di competenze che arricchiscono la persona umana, la creatività, l’immaginazione, la capacità di assumersi delle responsabilità, la capacità di amare il mondo, di coltivare la giustizia e la compassione [8]>>.

 

Scuola di Alta formazione EIS: le ragioni della proposta

Il desiderio di valorizzare ed estendere l’esperienza di SL avviata in università, facendo della Lumsa un punto di riferimento nazionale e inserendola nella rete internazionale, si è incontrato con le sollecitazioni offerte dall’ Instrumentum Laboris della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Ha preso così corpo l’idea di istituire nell’Ateneo un centro di ricerca, ma anche di formazione, dedicato a sviluppare sul piano metodologico la proposta dell’apprendimento solidale e, più in generale, un impegno di elaborazione e di sperimentazione centrato sui valori dell’educazione all’incontro, al dialogo, alla solidarietà, ad azioni di cittadinanza attiva.

Le autorevoli indicazioni del Magistero hanno trovato nella LUMSA un soggetto particolarmente attento e sensibile, dal momento che la preoccupazione per l’educazione costituisce il cuore delle sue stesse ragioni fondative, il nucleo che ne sintetizza l’impegno scientifico e formativo. Ha anche contribuito la particolare vicinanza che lega la LUMSA alla Congregazione, fin dalle origini dell’università[9]. L’istituzione di una Scuola di Alta formazione focalizzata sull’educazione all’incontro e alla solidarietà si inserisce nella tradizione della Lumsa, fin dalle sue origini, che vedono dall’inizio un rapporto privilegiato con la Congregazione per l’Educazione Cattolica.[10]

L’idea di dare vita alla Scuola muove, quindi, dal desiderio di contribuire a sviluppare in modo ancora più esplicito l’ impegno della LUMSA in campo educativo, lungo la via indicata dal Magistero della Chiesa e oggi così autorevolmente segnalata dalle parole e dalla testimonianza di Papa Francesco.

Le direzioni di lavoro che la Scuola si propone di intraprendere riguardano tanto il campo della formazione quanto quello della ricerca, in una prospettiva non semplicemente accademica e interna al mondo universitario, ma aperta all’incontro, al dialogo, all’impegno concreto, alla promozione della cittadinanza attiva. Due sono i versanti ai quali va rivolta l’attenzione: quello interno, costituito dalla comunità accademica e, in maniera tutta particolare, dagli studenti; quello esterno, con una speciale attenzione al mondo della scuola e delle realtà impegnate in campo educativo.

Sul piano formativo, EIS intende approfondire a livello teorico e sperimentare nel concreto l’approccio pedagogico del Service Learning, per l’alta potenzialità che tale proposta presenta per gli studenti in termini di crescita tanto sul piano umano quanto sul piano dello stesso apprendimento accademico. In questo modo, la Scuola può diventare un punto di riferimento nazionale anche per il mondo della scuola, che si sta dimostrando molto sensibile ai temi della cittadinanza attiva, oggi sottolineati dagli stessi Indirizzi programmatici ministeriali.

Sul piano della ricerca EIS intende sviluppare una collaborazione sistematica con alcuni soggetti particolarmente significativi e impegnati sullo stesso terreno, e con i quali sono già in atto contatti e scambi. Gli orientamenti internazionali, soprattutto quelli prodotti in ambito UNESCO, richiamano il mondo della ricerca a interessarsi dei temi della cittadinanza attiva e del miglioramento sociale. La Conferenza mondiale sull’Educazione Superiore dell’UNESCO del 2009[11] sottolinea come, davanti alla complessità delle sfide mondiali, presenti e future, l’educazione superiore ha la responsabilità sociale di accrescere la comprensione dei problemi, considerandone le dimensioni sociali, economiche, scientifiche e culturali, così come la capacità di affrontarli. I centri di educazione superiore, nell’esercizio delle loro funzioni basilari (ricerca, insegnamento e servizio alla comunità) in un contesto di autonomia istituzionale e libertà accademica, dovrebbero focalizzarsi ancora di più sugli aspetti interdisciplinari e promuovere il pensiero critico e la cittadinanza attiva, contribuendo così allo sviluppo sostenibile, alla pace e al benessere, così come a far diventare realtà i diritti umani.

Il documento della Congregazione per l’Educazione cattolica Educare al dialogo interculturale (2014) sottolinea l’importanza delle scuole cattoliche, chiamate <<a portare il proprio contributo in ragione della propria tradizione pedagogica e culturale e alla luce di solidi progetti educativi>>[12].

In definitiva, tanto gli orientamenti del Magistero quanto i più autorevoli documenti internazionali sollecitano l’educazione superiore non soltanto a fornire competenze solide per il mondo di oggi e di domani, ma a contribuire alla formazione di cittadini dotati di principi etici, impegnati nella costruzione della pace, nella difesa dei diritti umani ed dei valori della democrazia.

La Scuola di Alta formazione lavora per contribuire alla edificazione di quel nuovo umanesimo tante volte richiamato, perché impegnata lungo alcuni assi portanti di grande rilievo:

– la speranza, perché l’educazione è portatrice di una intenzione trasformativa e migliorativa della realtà;

– la carità, perché l’impegno viene interpretato secondo la logica della gratuità, del dono, in vista della costruzione del bene comune;

– il sentire etico e l’agire etico, che si connettono al senso civico della legalità, della responsabilità, della cura;

– la professionalità, dal momento che non si può essere accoglienti se non si è, al tempo stesso, competenti.

 

Il paradigma della gratuità

A prima vista i problemi che investono i sistemi scolastici dei Paesi economicamente più sviluppati sembrano essere molto diversi da quelli dei paesi poveri.

La preoccupazione che sembra maggiormente ispirare gli orientamenti politici delle aree del benessere è di riformulare, nel contesto della globalizzazione, del rapidissimo cambiamento e dell’accelerazione tecnologica di oggi, il collegamento tra sistema scolastico e sistema produttivo, perché tutto è cambiato dallo scorso secolo. La centralità dell’apprendimento e la focalizzazione che pongono le linee guida internazionali in tema di istruzione sul costrutto di competenza rappresentano la risposta che oggi viene data alle richieste che provengono soprattutto dal mercato del lavoro così come si è andato configurando all’alba del XXI secolo. Nella relazione tra offerta formativa e domande del mercato, la Golden share non è in mano alla scuola, ma al potere economico. Questo sta provocando una sempre più accentuata etero direzione del curricolo, che viene ripensato in modo che sia funzionale alle esigenze del nuovo mercato. Concetti quali globalizzazione o innovazione sono ormai declinati in termini esclusivamente economici. Si viene così a delineare un nuovo contesto di significati, nel quale parole come merito, impegno, successo, competizione assumono connotazioni molto lontane da quelle che assumerebbero se collocate in uno sfondo educativo.

E che cosa accade nei Paesi più poveri? A prima vista sembra che i principali problemi riguardino la carenza di risorse. Carenza di scuole, carenza di insegnanti, carenza di mezzi economici per sostenere i figli in un percorso scolastico di lunga durata. A queste povertà materiali si associano, però, povertà culturali che impediscono di vedere nell’istruzione non solo la strada per uscire dalla povertà, ma anche la strada dell’emancipazione sociale.

Lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano descrive con un linguaggio molto crudo questo meccanismo di domanda economica e di risposta sociale: <<Giorno dopo giorno si nega ai bambini il diritto di essere bambini. Quanti si burlano di questo diritto, impartiscono questo loro insegnamento nella vita di ogni giorno. Il mondo tratta i bambini ricchi come se fossero denaro, perché è abituato a considerarli come si considera il denaro. Il mondo tratta i bambini poveri come se fossero spazzatura. E quelli che stanno nel mezzo, quelli che non sono né ricchi né poveri, li tiene appesi allo schermo del televisore, perché imparino quanto prima ad accettare come destino quello di una vita limitata. [13]>> Al di là del registro linguistico utilizzato – le parole sono di uno scrittore, non di un sociologo o di un economista- E. Galeano ci consegna la fotografia di tre distinti gruppi sociali: quello, molto ristretto e selezionato, dei futuri leader, sui quali occorre investire bene, perché denaro produce denaro; quello piuttosto grande, la massa dei futuri consumatori, una massa che è bene non si ponga tante domande, narcotizzata e passiva; infine quello di chi da’ solo problemi e da cui c’è poco di buono da aspettarsi. A questo ultimo gruppo appartengono quelli che ben presto l’istruzione espelle o rifiuta, la spazzatura. Una ‘spazzatura’ che però ha numeri considerevoli e che sta rapidamente aumentando.

Non c’è dubbio che un simile quadro riproduce molto bene la realtà delle aree povere del pianeta, quelle nelle quali l’istruzione è un lusso che pochi possono permettersi, anche se in tutte le capanne e in tutte le favelas il televisore è diventato il focolare intorno al quale sedere, sognare, dimenticare.

Ma il nostro mondo, che è economicamente incomparabilmente più ricco, nel quale è stata vinta la sfida dell’analfabetismo, dove tutti gli studenti vanno a scuola per un numero sempre più lungo di anni, non è per niente toccato dalla questione?

Possiamo realmente dire che, almeno da noi, tutti gli alunni hanno le stesse chances, che le condizioni economiche non contano più come in passato, che le persone ‘di successo’ sono tali per il loro merito e non per il loro casato?

L’analfabetismo, che affligge centinaia di milioni di persone nel mondo, da noi è stato vinto. Ma questo non deve farci dimenticare quanto poco rimanga, finita la scuola, della competenza in literacy, o, più ancora, della competenza in cultura. L’analfabetismo che viene chiamato ‘di ritorno’ non riguarda solo la lettura di libri o giornali, ma tutte le espressioni artistiche e culturali. E questo tipo di analfabetismo ‘umanistico’, di cui sembra ci si curi molto poco, è il risultato del prevalere della pressione funzionalista che dall’economia si dirige alla scuola. Forse non è esagerato, allora, ritenere che ci sono molte più vicinanze di quanto a prima vista non sembrerebbe, tra sistemi scolastici dei paesi sviluppati e di quelli poveri, e che entrambi sono chiamati a fronteggiare l’invadenza di una cultura mercantile che, sotto l’imperativo dell’ utilità e del profitto che non conosce regole, erode ciò che è umano nell’uomo.

C’è, quindi, necessità di cambiare paradigma.

“L’educazione è’ il luogo dove decidiamo se abbiamo un sufficiente amore per i nostri figli per non espellerli dalle opportunità della vita e abbandonarli al loro destino, se non rubiamo dalle loro mani la possibilità di alzare la testa, di raggiungere qualcosa di nuovo, qualcosa che noi stessi non abbiamo raggiunto, se li amiamo sufficientemente per prepararli in anticipo al compito di rinnovare il mondo”. Così il manifesto di Scholas delinea il compito educativo, indicando i due punti di riferimento ai quali tale impegno deve essere finalizzato: i ‘nostri figli’ (bambini, ragazzi e ragazze, giovani, quelli che chiamiamo ‘studenti’), e la realtà ( ‘il mondo’) verso cui chi ha un compito educativo e’ chiamato ad essere responsabile.

Colpiscono diverse cose: che si parli di ‘amore’ come condizione dell’educare; che si pensi agli studenti come ai protagonisti di un grande compito, che va ben oltre quello dell’apprendimento; che si ponga in stretta relazione l’educazione e il cambiamento della realtà. Ad un’idea conservativa dello status quo, in vigore tanto nei Paesi ricchi quanto in quelli poveri, si contrappone un’idea rivoluzionaria: l’educazione non è funzionale al sistema, ma è un elemento di trasformazione del sistema. E’ questo, del resto, ciò che intendeva dire J. Bruner, usando l’espressione “L’educazione è pericolosa, perché introduce il senso della possibilità”. Ed è, in fondo, questo ciò che ci ricorda Malala, parlando all’ONU, e quindi parlando al mondo dei poveri e dei ricchi: “ Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo.”

Quale promessa dovrebbe essere in grado di fare alle generazioni nuove un sistema formativo, così da risultare per loro allettante frequentare la scuola e impegnarsi nello studio?

Puntare sullo sviluppo delle competenze viste come mezzo di realizzazione individuale, risorsa per emergere nella giungla della vita, occasione per eccellere individualmente, per guardare gli altri dall’alto di una classifica gratificante? Impostare i percorsi di studio sulla base della immediata spendibilità degli apprendimenti, far coincidere l’utile per il mercato con l’utilità personale?

Oppure, cambiare paradigma.

Questo è possibile se si mette al centro della proposta educativa il concetto di ‘servizio’ alla comunità. Lavorare per il bene della propria comunità è il modo migliore per lavorare anche per la propria crescita personale, come dimostrano ormai numerose esperienze di apprendimento solidale in tutto il mondo.

L’assunzione dell’approccio pedagogico fondato sul valore del servizio sociale attraverso l’apprendimento curricolare non modifica l’impianto scientifico che è oggi alla base della didattica orientata alle competenze (la stretta relazione tra sviluppo delle competenze e problemi o situazioni sfidanti; il valore dell’apprendimento autentico rispetto a quello solo scolastico o accademico; la relazione tra competenze disciplinari e competenze di cittadinanza o competenze chiave …), ma ne rivoluziona il significato valoriale.

Fornisce agli studenti, impegnati nel compito evolutivo di realizzare se stessi, ma anche agli insegnanti, impegnati in un faticoso accompagnamento educativo, un significato nuovo, una motivazione più profonda.

 

Conclusioni

La convinzione che anima la Scuola “Educare all’Incontro e alla Solidarietà ” è che il contesto nel quale viviamo e operiamo non è un dato immodificabile, dentro il quale siamo collocati e condizionati, ma una sfida alla nostra identità di educatori e una possibilità che interpella la nostra responsabilità personale e collettiva. Educare non è fare accademia, osservare il mondo da lontano, distillare parole edulcorate, ma è compromettersi con la realtà. Gli esempi non mancano nella tradizione educativa della Chiesa (Calasanzio, La Salle, don Bosco, don Milani …) come spesso ricorda Papa Francesco, che in maniera forte e autorevole incoraggia al rischio educativo. Esempi di educatori, la cui testimonianza deve essere oggetto di apprendimento, perché dalle periferie dei poveri e dei diseredati arriva una lezione pedagogica che va ascoltata, elaborata e praticata. Una lezione che richiede la fatica dell’ascolto, della ricerca, dell’approfondimento e, anche, della teorizzazione, perché non ci sia troppa distanza tra esperienza e concettualizzazione, ma si crei e alimenti un circolo virtuoso.

Questo legame che tiene insieme visione e azione ci può aiutare a fronteggiare la grande pressione che spesso spinge anche le università cattoliche a conformarsi alle richieste di una società nella quale è prevalente la logica di un profitto privo di regole, che alimenta una pedagogia dell’individualismo, della competizione esasperata, della meritocrazia priva di equità. L’ingiusta distanza, che sta diventando un abisso, tra i pochi fortunati e i tanti diseredati può essere ridotta dalla pedagogia dell’incontro, del dialogo, della solidarietà,della cooperazione, dell’inclusione. Una pedagogia della trasformazione della realtà genera una didattica della realtà, ponendo all’insegnamento domande nuove.

 

Italo Fiorin è direttore della Scuola di Alta Formazione “Educare all’incontro e alla Solidarietà ” dell’università LUMSA di Roma. Presidente del corso di laurea in Scienze della formazione primaria nella stessa università, dove insegna Didattica Generale e Pedagogia e Didattica Speciale. Ha coordinato la Commissione nazionale del ministero dell’istruzione italiano che ha elaborato i Programmi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado ed è attualmente presidente del Comitato scientifico incaricato dal ministero di monitorare e revisionare il curricolo nazionale.

 

Riferimenti

AA.VV. Service Learning: Ninety-Sixth Yearbook of the National Society for the Study of Education, Part I, University of Chicago Press, Chicago, pp. 32-55.

Billig S. H. , Roth S. and Jesse D. (2005), The Impact of Participation in Service-Learning on High School Stdent’s Civil Engagement, The Centre for Information and Research on Civic Learning and Engagement, College Park, Mryland.

Billig S. H. and Furco A. ( 2002) Service Learning: The Essence of the Pedagogy, Information Age Publishing, Greenwich, Connecticut: Information Age Publishing.

Boyle-Baise M. ( 2006) Learning Service or Service Learning: Enabling the Civic, International Journal of Teaching and Learning in Higher Education, vol. 18 No 1, Indiana, pp.17-26.

Cairn R. and Kielsemeier J. (1991), Growin Hope: A Sourcebook on Integrating Youth Service into the School Curriculum, National Youth Leadership Council, St. Paul, Minnesota.

Covitt B. A. ( 2002), Motivating Environmentally Responsible Behaviors troght Service-Learning, Cooperation for National Service, Washington, DC.

Dumont H., Instance D. and Benavides F. (2010), OECD, Paris

Eccles J. And and Gootman J. A. (eds.) (2002), Community Programs to Promote Youth Development, National Academies Press, Woshington, DC.

Fiorin I. (2008) La buona scuola,La Scuola, Brescia.

Melchior A. (2002), National Evaluation of Learn and Serve America School and Community-Based Program, Center for Human Resource, Brandeis University, Waltham, Massachussets.

Melchior A. and Bailis L. (2002), “Impact of Service-Learning on Civic Attitudes and Behaviors of Middle School and High School Yooth: Fingins from Three National Evaluations, in Furco A. and Biling S. H. (eds), Service Learning: The Essence of the Peadagogy, information Age Publishing, Greenwich, Conecticut, pp.201-222.

Morgan W. and Streb M. (2001) “Building Citizenship: How Stu

Tapia M. N. (2000), Educazione e solidarietà, Città Nuova, Roma.

Tapia M. N., (2008), Service-Learning Resarch in Argentina, Centro Latinoamericano de Aprendizaje y Servicio Solidario (CLAYSS), Buenos Aires.

[1] Libera Università “Maria SS: Assunta”, Roma.

[2] Furco, A. (2010), The community as a re source for learning: an analysis of academic service-learning in primary and secondary school, in: Dumont H, Instance D. and Benavides F., The Nature of Learning, pp.228-229. Parigi: OECD Publishing.

[3] CLAYSS, Centro Latinoamericano de apredizaje y servicio solidario. http//www.clayss.org/aprendizajeservicio.htm

[4] Congregazione per l’Educazione Cattolica (2014), Educare oggi e domani. Una passione che si rinnova Città del Vaticano, p.18.

[5] Ivi, p.18.

[6] Fiorin I. (2008), La buona scuola, La Scuola, Brescia, p.33.

[7] Congregazione per l’Educazione Cattolica, cit., p.5

[8] Ivi, p. 18.

[9] La nascita della LUMSA deve molto alle sollecitazioni e al sostegno del card. Pizzardo, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ha sostenuto e incoraggiato la fondatrice, Madre Luigia Tincani. Nel 1939 Luigia Tincani costituì, con l’aiuto di Pio XII e in collaborazione con il Cardinale Giuseppe Pizzardo, l’Istituto Superiore di Magistero “Maria Ss. Assunta”, che sarebbe poi diventato la LUMSA. A sottolineare lo stretto legame con il Dicastero vaticano, da sempre nel consiglio di amministrazione della LUMSA è presente il Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

[10] ????????????

[11] UNESCO (2009), Le nuove dinamiche dell’educazione superiore e la ricerca per il cambiamento sociale e lo sviluppo, Parigi.

[12] Congregazione per l’Educazione Cattolica (2013), Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica, Città del Vaticano.

[13] Tratto dal Manifesto di SCHOLAS OCCURRENTES (2015) pro-manuscripto. SCHOLAS OCCURRENTES è una rete mondiale di scuole e istituzioni educative, voluta dall’allora card. Bergoglio (oggi Papa Francesco) quando era Vescovo a Buenos Aires. Oggi è diffusa nel mondo è ha sede presso la Pontificia Accademia delle Scienze, della Santa Sede.